Campata destra 1

La prima campata meridionale è dedicata a S. Ambrogio.

Il santo protettore di Milano è scolpito sulla chiave di volta.

S. Ambrogio è il protagonista del polittico in pietra scolpita e dipinta insieme con la Madonna Immacolata.

Fu scolpito da anonimi scultori della Fabbrica del Duomo nel 1482 per il committente Giacomo Vitudono, il canonico raffigurato inginocchiato e in abito rosso nel primo scomparto in alto a sinistra.

Sopra l’altare la finestra cieca è chiusa fin dall’origine per l’impossibilità di allargarne l’apertura per la mancata coincidenza tra l’arcata interna e quella esterna della campata. La finestra è incorniciata da motivi scolpiti a candelabra e rilievi di personaggi armati di spada.

Sopra la porta d’ingresso il finestrone gotico reca vetrate dipinte da Pompeo Bertini (1854-1855) con i santi Lucia, Apollonia, Pietro Martire, Andrea Avellino.

Ad altezza d’uomo sui pilastri di collegamento alla navata maggiore stanno le due piccole statue di bronzo raffiguranti S. Rita da Cascia e S. Antonio da Padova realizzate nel secolo scorso (1934).

Addossato al secondo contropilastro è il monumentale e retorico gruppo scultoreo in marmo dedicato dal cardinale Tolomeo Gallio (morto nel 1607), fondatore del Collegio Gallio (1583) e dell’Opera Pia Gallio, opera di Luigi Agliati (1861).

L’autore della dipintura e doratura del rilievo di S. Ambrogio nella volta è documentato al 1468 il nome del pittore Giorgio Scotti.

La cappella è condedicata a Maria Immacolata, raffigurata in alto, al centro del polittico in adorazione del bambino Gesù, secondo la visione di s. Brigida. A lei si rivolge stando inginocchiato Giacomo Vitudono vestito di rosso, con il copricapo in mano, sotto la protezione di S. Lucia, riconoscibile dalla fiaccola che regge.

S. Lucia era molto importante per la città di Como, perché proprio nel giorno della sua festa, il 13 dicembre del 1439, fu sancita la pace tra le fazioni comasche in lotta da secoli. Il santo raffigurato nella formella contrapposta è S. Giacomo di Compostella, santo onomastico del committente, raffigurato in vesti di pellegrino.

Nel registro inferiore fiancheggiano sant’Ambrogio i martiri Proto e Giacinto, venerati nel Duomo, nel cui altare maggiore si conservano le reliquie: le spade che reggono ricordano la loro decapitazione, il loro costume è aggiornato alla moda del Quattrocento.

Nella predella da sinistra a destra sono i santi Stefano, Lorenzo, Rocco, Antonio da Padova, Leonardo, Caterina d’Alessandria.

Questi santi a mezzo busto sono definiti dalle iscrizioni, ma sono riconoscibili dagli attributi iconografici: i primi due, i protomartiri Stefano e Lorenzo, sono connotati rispettivamente dai sassi sul capo insanguinato Stefano e dalla graticola su cui fu bruciato Lorenzo. Rocco, protettore contro le epidemie, era un pellegrino di cui porta il costume. Antonio da Padova, santo francescano taumaturgo, è identificato dal saio e dai gigli. San Leonardo, protettore dei fabbri e dei carcerati, regge le manette. Santa Caterina d’Alessandria regge la ruota dentata con la quale tentarono di torturarla: la ruota è disposta orizzontalmente e se ne vedono i raggi.

La soprastante figura di S. Ambrogio, coi paramenti verdi, tiene il braccio alzato perché in origine impugnava nella mano il flagello per minacciare l’eretico, la figuretta ai suoi piedi in atto di difesa. Il flagello si legge bene nel tondo della volta dove il vescovo S. Ambrogio è stato dipinto da Giorgio Scotti con la croce rossa in campo bianco, che è lo stemma del Comune di Milano. Di origini milanesi, probabilmente di Vimercate, era il committente dell’altare Giacomo Vitudono, giurista, il cui nome leggiamo in basso nell’epigrafe dopo l’anno 1482: FECIT FIERI D(OMI)N(V)S IA(COBVS) DE VITVDONO CVMANVS CANONICVS”, canonico “cumanus” cioè comasco perché del Duomo di Como.

Il polittico che fece realizzare è in marmo di Musso e pietra arenaria scolpiti, dipinti, indorati. In origine era protetto da una struttura di legno dipinto e chiusa da due ante di tela.

Gli artisti andrebbero individuati fra le maestranze attive al completamento della facciata sotto la guida del milanese Luchino Scarabota.

Nella cimasa semicircolare è raffigurato Cristo Pantocratore, vestito di porpora, fra cherubini dipinti di rosso sullo sfondo di un cielo stellato, mostrando il libro con la scritta “EGO SVM LVX MONDI….???”: è un’immagine ancor medievale, racchiusa nel semicerchio della cimasa che deriva però dalle pale rinascimentali a tavola lunettata di origine toscana e diffuse in Veneto, rinascimentali sono anche le lesene scanalate tra nicchia e nicchia e gli ovoli sulle cornici orizzontali.

Pochi anni dopo nel 1489 fu realizzata la vetrata sostituita da questa ottocentesca di Pompeo Bertini.

Nel 1492 Bartolomeo Maggi fondò una cappellania dedicata alla Vergine Immacolata. La famiglia Maggi rimase a lungo titolare della cappella.

Sotto la mensa dell’altare appare un vano vuoto: dietro la grata allestita appositamente su progetto dell’arch. Federico Frigerio e dello scultore Pietro (?) Tavani fu esposta nel 1935 la reliquia del corpo della beata Maddalena Albrici, che fu poi traslato nella chiesa di Brunate (1992?).