Navata maggiore 1

Nella prima campata della navata maggiore sui lati della porta stanno gli oggetti più antichi del Duomo: le sculture romaniche del leone e della leonessa. Oggi reggono i vasi dell’acqua benedetta. In origine sorreggevano colonne forse all’esterno del portale della primitiva cattedrale di S. Maria Maggiore

La luce proviene dai due finestroni gotici e dal rosone della controfacciata. Le finestre presentano vetrate dipinte dai milanesi Giuseppe e Giovanni Bertini nel 1849-1851 con storie della vita di S. Abbondio.

Nel rosone sono raffigurati angeli adoranti e soli fiammeggianti, tipici dell’iconografia bernardiniana, probabilmente ripresi dalle vetrate originali delle quali si conserva solo una minima parte, proprio al centro, come si desume dalla tipica grisaglia della tecnica medievale.

La volta dipinta come tutte le altre nel 1839 da Carlo Fontana e Francesco Gabetta reca al centro, come tutte le altre volte delle navate la chiave circolare detta anche serraglia con scolpito e dipinto alla fine del ‘400 il busto di Abramo.

Nei medaglioni ottocenteschi sono raffigurati

S. Eupilio IX vescovo di Como e S. Eutichio VIII vescovo di Como

S. Teresa monaca e S. Luigi Gonzaga chierico

S. Gaetano prete e S. Apollonia vergine e martire

S. Crispino martire e S. Pietro Martire da Verona

Le finestre del cleristorio sono ornate da cornici in stile gotico/rinascimentale progettate da Melchiorre Nosetti nel 1827 e scolpite da diversi artisti.

Inizia da questa campata la serie, incompleta, degli apostoli, posizionati sui piloni, scolpiti da Tommaso Rodari e dai suoi aiutanti. Reggono torce, ma soprattutto si identificano con i piloni per attestare che gli Apostoli sono il fondamento della Chiesa: S. Filippo sul pilone a nord e S. Giuda Taddeo sul pilone a sud.

Il pavimento in lastre esagonali di marmo bianco di Musso e nero di Varenna fu iniziato nel 1850 dalla bottega dei Monzini; l’usura ha indotto a sostituire cinquecento piastrelle nel 1960 e altre 50 nel 1962.

Il fonte battesimale è contenuto nell’elegante tempietto circolare di fine Cinquecento ideato dall’arch. Giovanni Antonio Piotti detto il Vacallo.

Il tempietto è realizzato con i materiali caratterizzanti l’architettura del Duomo, marmo bianco di Musso, nero di Olcio, rosso di Arzo, in particolare i fusti in macchiavecchia delle otto colonne di ordine composito e della balaustrata. Il soffitto fu “rifatto a nuovo nel 1960.

Il fonte battesimale, opera di scultori del ‘400, prima di essere collocato in questo tempietto, si trovava sul lato opposto della campata centrale.

Il coperchio scolpito in legno è del 1904, opera di Carlo Galfetti.

Sul lato opposto del battistero è collocato un sarcofago in arenaria, con rilievi di santi che fiancheggiano Maria e il Bambino sulla fronte. I santi sono Pietro e Paolo alle estremità, Giovanni Battista e Giovanni Evangelista che protegge il donatore laico, probabilmente un giudice. Su un solo fianco, quello sinistro, è scolpita la figura di S. Abbondio, protettore di Como.

Questo sarcofago opera di maestri campionesi è un dono fatto nel 2015 dalla famiglia Rosales di Bernate al vescovo Diego Coletti.

Già collocato nella villa Rosales di Bernate, non è nota la sua provenienza che si è ipotizzato dall’abbazia cluniacense di Vertemate; ma è più probabile che questa sepoltura aristocratica databile al primo ‘300 fosse nella distrutta chiesa domenicana dei Ss. Giovanni Battista ed Evangelista di Como.

Nell’angolo tra la controfacciata e il semi pilastro è collocata un’altra scultura rinascimentale, un’acquasantiera.

La parete interna della facciata ospita l’arazzo con l’Assunzione della Vergine, donato a fine ‘500 dal vescovo Volpi alla cattedrale. L’arazzo è opera milanese databile fra 1525 e 1535, ispirata alla pittura di Bernardino Luini con citazione della Madonna di Foligno di Raffaello.

Le sei tele appese in controfacciata sopra la porta provengono dalla distrutta chiesa domenicana di S. Giovanni Pedemonte di Como. quattro dipinti più piccoli sono del primo Settecento e raffigurano santi vescovi.

Le due grandi tele sono databili dopo il 1630. Erano pale d’altare. La tela a sinistra rappresenta L’ Adorazione di Cristo Risorto dei santi Adalberto, Giustina con due domenicani inginocchiati commissionata dalla famiglia Mugiasca. Il dipinto è firmato da Antonio Maria Crespi detto il Bustino. L’altro quadro è l’Adorazione dei Magi commissionata dalla famiglia Ponga . È di stile morazzoniano, attribuita a due pittori comaschi Giovani Paolo Ghianda e Giovan Battista Recchi che potrebbe aver concluso il dipinto lasciandovi la sigla “R” dopo la morte per peste del primo (1637).

I quattro dipinti più piccoli sono del primo Settecento e raffigurano santi vescovi.

Il fonte battesimale è istoriato con storie del Battista in otto scene, il numero simbolico del battesimo.

1 San Giovannino nel deserto: sul fondo la città murata, in primo piano locusta e lucertola .

2 I primi discepoli giungono dalla città turrita e murata .

3 Battesimo di Gesù .

4 Giovanni indica ai discepoli Gesù .

5 Giovanni fra i discepoli e i soldati con lance e alabarde .

6 Predicazione del Battista a Erode ed Erodiade : s’ispira ai dipinti di Masolino a Castiglion Olona.

7 Banchetto di Erode e Decollazione di Giovanni s’ispira ai dipinti di Masolino a Castiglion Olona.

8 Sepoltura: i dodici discepoli celebrano le esequie e onorano il Battista come precursore di Gesù.